Leggi la mia intervista sulla drammatica situazione delle carceri italiane per IlFarodiRoma
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Il giorno di Ferragosto, per molti occasione di festa e di riposo, si è trasformato ancora una volta in un giorno di dolore e morte dietro le sbarre delle carceri italiane. Tre episodi drammatici – un suicidio a Benevento, un decesso “per cause da accertare” a Civitavecchia e un tentato suicidio a Roma, nel carcere di Regina Coeli, dove un detenuto è stato trovato impiccato ma ancora vivo e trasportato in condizioni critiche in ospedale – hanno riportato con forza l’attenzione su un’emergenza che non può più essere ignorata.
«Purtroppo anche il giorno di festa appena trascorso è stato un giorno di morte nelle carceri italiane» denuncia Paolo Ciani, segretario di Demos eletto con il Pd alla Camera dei Deputati. «A Regina Coeli da giorni si sono superate le 1100 presenze, con un sovraffollamento quasi del 200% e una grave carenza di personale di polizia penitenziaria. In carcere si soffre e si muore, non si può continuare a fare finta di niente! Pensiamo insieme a un provvedimento deflattivo. L’anno del Giubileo della Speranza avanza: mettiamo in pratica l’appello che Papa Francesco ha lanciato nella Bolla di indizione e ha visivamente mostrato nell’apertura della Porta Santa a Rebibbia».
Le parole di Ciani toccano un nodo centrale: la distanza abissale tra la Costituzione, che all’articolo 27 stabilisce che le pene devono tendere alla rieducazione e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, e la realtà quotidiana delle carceri italiane. Sovraffollamento, suicidi, abbandono sanitario e psicologico trasformano le strutture penitenziarie in luoghi di sofferenza e morte, dove la dignità umana è calpestata ogni giorno.
L’appello a un “provvedimento deflattivo” non è una fuga dalle responsabilità ma un atto di realismo: senza misure concrete per ridurre il numero dei detenuti – attraverso pene alternative, riforme delle misure cautelari e maggiore ricorso alla giustizia riparativa – nessuna politica di riforma potrà mai incidere. Il Giubileo della Speranza, evocato da Ciani, può diventare un’occasione storica per ridare senso e valore umano al sistema penitenziario, trasformando gli istituti in luoghi di riscatto e non di disperazione.
Le morti di Ferragosto, come quelle che si susseguono con impressionante regolarità, non sono inevitabili: sono il frutto di una scelta politica e sociale, della rinuncia a vedere nei detenuti persone con diritti inviolabili e non solo numeri da contenere. Come ricorda lo stesso Ciani: «Ogni giorno negli istituti penitenziari italiani si viola l’articolo 27 della Costituzione. Non possiamo dare per scontato che sofferenza e morte siano normali in una parte del nostro Paese».
Se davvero l’Italia vuole essere all’altezza della sua Carta costituzionale e del messaggio universale della dignità umana, è tempo di ascoltare queste parole e agire. Prima che la prossima morte annunciata torni a sporcare di sangue le mura di un carcere.