“Un ghetto costruito su una discarica. i Rom a Giugliano esempio di miopia politica”

ROMA – Non si stanca di ripetere la parola “ghetto”,
perché è questo che molti comuni italiani hanno realizzato nei
confronti di più di 100mila rom: campi creati su discariche dismesse,
in attesa di prendere tempo. Paolo Ciani, responsabile dei servizi con
i rom e sinti della Comunità di Sant’Egidio, racconta una storia
costruita sulla precarietà e l’emergenza. “Dargli uno status abitativo
e giuridico significherebbe ammetterli nella nostra società”. “Sono la
popolazione più disprezzata, in Italia non li vuole nessuno. E il caso
Giugliano lo dimostra. Una situazione inaccettabile, un chiaro esempio
della miopia con cui è stata gestita la questione degli insediamenti
rom in questi anni. L’idea della temporaneità ha trasformato i campi in
baraccopoli, in luoghi inabitabili e pericolosi per la salute delle
persone”.

La Comunità di Sant’Egidio conosce il caso Giugliano?

“Sì,
attualmente non ci sono eguali in Europa. Nel passato solo due casi
furono peggiori: in Kosovo, dove nel 2005, 500 profughi rom furono
messi in una discarica e in Romania, dove un sindaco li deportò in una
fabbrica inquinata. Giugliano resta comunque un tasto dolente: già in
passato abbiamo più volte criticato l’operato dell’amministrazione
locale: collocare mille persone tutte in un posto, tutte insieme e di
diverse etnie non ci è mai sembrata una buona idea.  Ecco come nascono
i ghetti”.

E l’Europa cosa fa?

“Onestamente
posso dire che se l’Europa venisse a conoscenza di questa situazione
potrebbe intervenire. Non solo è stata violata la Strategia Nazionale,
voluta dal ministro Riccardi per seguire appunto una direttiva europea,
ma anche i più elementari diritti umani”.

In Italia anche i ministeri fanno confusione sull’argomento?

“Sono
decenni che parliamo di rom e sinti e lo facciamo affrontando il
problema in maniera sbagliata, credendo ancora di aver a che fare con
popolazioni nomadi. L’Italia non li ha mai voluti riconoscere come
minoranza linguistica e ha delegato la questione agli enti locali. Il
risultato è stato dei più disastrosi: l’unica risposta abitativa che
hanno saputo offrire sono stati i campi, frutto di leggi regionali
completamente atemporali”.

Come è possibile che a Giugliano solo 65 bambini siano iscritti a scuola?

“Il
settore ha lacune enormi sia a livello di dati che di interventi. La
metà dei bimbi rom sono cittadini italiani ma nelle scuole continuano
ad essere collocati sotto la categoria ‘nomadi’ o ‘immigrati’ e il
ministero dell’Istruzione registra enormi difficoltà nel censimento
degli iscritti, figuriamoci poi in quello dei frequentanti”.

Qual è il rischio che si corre demandando tutto alle amministrazioni locali?

“Spesso
le amministrazioni locali approfittano dello stato di necessità dei rom
per ottenere consensi e fare accordi sottobanco. Queste popolazioni, ad
esempio, avrebbero diritto alla sepoltura dei loro cari nei cimiteri
comunali, ma quanti sindaci lo permettono realmente?”.

Ci sono anche casi positivi, però?

“Ovviamente.
Il sindaco di Lamezia Terme ad esempio sta lottando per far ottenere ai
rom delle abitazioni più dignitose, inserendoli in un piano di housing
sociale e scontrandosi contro i suoi stessi elettori”.

E’ vero che le amministrazioni locali rifiutano i fondi europei?

“I
fondi stanziati per lo stato di emergenza non sono stati utilizzati da
tutti i Comuni. A Giugliano, ma anche a Catania, sono stati rifiutati
soldi provenienti dalla Comunità europea per non correre il rischio di
incorrere in costi sociali futuri. Una miopia tipica di chi vive di
opportunismo politico”.

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/09/10/news/rom_e_rifiuti_la_rabbia_di_sant_egidio_per_il_caso_giugliano-66255490/

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