Basta apatia. Serve un’idea di città
(Paolo Ciani, della Comunità di Sant’Egidio parla di Roma: “In questi anni il vuoto. Dall’Anno Santo opportunità non solo economiche”)
Roma. «Si deve iniziare a fare il ‘minimo sindacale’, ma poi bisogna avere un’idea globale della città da trasmettere al mondo». Paolo Ciani, responsabile della Comunità di Sant’Egidio, da romano che ne conosce ogni angolo, dettaglia i problemi che dovrebbero non esserci in una metropoli, ma che per chi la abita sono quotidiana odissea: strade mal messe, poca sicurezza, pulizia carente, lontananza delle istituzioni, che rende difficile anche aggiustare un lampione. Ma, avverte, guai a fermarsi a questo aspetto, pur essenziale. Per avere una visione degna del ruolo universale della Città eterna, per Ciani bisogna «mettere insieme le persone, programmare, lavorare, perché il problema in questi anni non è stata la presenza di idee contrastanti, ma il vuoto di idee». E le poche messe in campo «spesso sono state a effetto mediatico, come i quartieri a luce rosse».
Ecco le ragioni di una disaffezione verso la politica, dimostrata dalla diserzione del voto. «Quasi l’immagine di una città che non si aspetta più molto, delusa, che vive alla giornata, anche perché non trova ragioni per appassionarsi». Un sentimento di apatia su cui si innesta il rimpallo delle colpe sempre a qualcun altro. «Il senso di deresponsabilizzazione personale è un problema che ci interpella anche come cristiani. È l’idea che, pagate le tasse, poi qualcuno deve pensare a far funzionare tutto». I romani, poi, vogliono scrollarsi di dosso l’immagine, ingigantita da Mafia capitale, di essere «rozzi, spregiudicati e menefreghisti ». Oltre alle ricadute economiche per la città, Ciani spera «che i pellegrini del Giubileo incontrino non solo le vestigia della Roma antica e religiosa, ma anche una comunità cristiana viva». Roma però è tante città in una, vasta, «polverizzata» dalle distanze. Perciò la «coesione sociale» è «questione di lavoro quotidiano». In centro ci sono alte percentuali di anziani, nelle periferie di immigrati. «Ogni quartiere ha i suoi problemi. Per questo i territori vanno conosciuti». Insomma, «Roma non può essere gestita come si è fatto finora».
Gianni Santamaria
da ”Avvenire’ del 29 Agosto 2015