Muore da solo in casa, il Campidoglio impiega 7 mesi per bonificare l’abitazione
Il corpo fu trovato in stato di decomposizione il 25 marzo dello scorso anno. Ma il Comune è riuscito a sanificare l’appartamento, nonostante le proteste dei condomini della palazzina popolare di Tor Sapienza, solo a settembre
di Luca Monaco su Repubblica
Il covid uccide gli anziani soli in casa e il Campidoglio impiega sette mesi per la bonifica di un appartamento. Restituisce la radiografia di un profondo buco nero nell’amministrazione delle politiche sociali e abitative in città il carteggio tra il dipartimento al Patrimonio del Comune e gli uffici della polizia locale che Repubblica ha potuto visionare.
Questa brutta storia, che misura la qualità amministrativa offerta ai contribuenti dalla giunta 5S guidata da Virginia Raggi, inizia il 25 marzo 2020. Roma è in pieno lockdown. Un uomo di 73 anni viene trovato senza vita, dopo almeno 10 giorni dalla morte, in una casa popolare del Comune in via Tovaglieri 237, a Tor Sapienza. Interviene la polizia. Il medico legale ravvisa l’avanzato stato di decomposizione del cadavere, il corpo non ha segni di violenza.
L’uomo è morto per cause naturali, in solitudine. Esattamente come nel caso della coppia madre e figlio, lei 94 anni, lui 64, trovati senza vita dopo 15 giorni dal decesso in un appartamento popolare a Villa Gordiani il 10 gennaio scorso. In quel caso era stata una vicina a lanciare l’allarme.
Lo stesso era accaduto prima a Tor Sapienza. I condomini del palazzo, insospettiti dal cattivo odore che proveniva dalla casa del 73enne, avevano chiamato il numero unico di emergenza. La polizia aveva eseguito i rilievi e portato via il cadavere. Restava però da sanificare l’appartamento, particolare non trascurabile, visto che l’uomo era morto da almeno 10 giorni, il pavimento era intriso di liquidi organici e i residenti lamentavano l’aria irrespirabile.
Terminati i rilievi, la polizia di Stato affida ai vigili urbani le chiavi di casa, con il compito di restituirle al dipartimento Patrimonio del Comune, previa sanificazione.
Il 26 marzo parte la lettera agli uffici comunali: la polizia locale si mette “a disposizione del Comune” per aprire l’appartamento ai fini della bonifica e dunque restituire le chiavi. Nessuna risposta.
Finalmente l’11 maggio un funzionario risponde. E via e-mail spiega agli agenti che “per via dello smart working non si svolgono servizi esterni. Inoltre gli sgomberi sono bloccati fino al 1 settembre”. La stanca burocrazia comunale non contempla la morte.
Le segnalazioni dei residenti ai centralini della polizia locale si moltiplicano. I caschi bianchi il 12 maggio sollecitano ancora per iscritto il dipartimento “a bonificare in via urgentissima l’alloggio, all’interno del quale è stato trovato un cavadere”. È chiaro?
Non bisogna disperare. Il Patrimonio ha i suoi tempi. Arriva. Magari in ritardo, ma arriva. Cosi il 27 maggio finalmente l’ufficio comunale accetta le chiavi: è un primo passo. Il 4 giugno poi, il funzionario fa scrivere alla polizia locale: “Si prega di comunicare – chiedono ai vigili – se sono stati rintracciati i parenti della persona deceduta al fine di liberare l’alloggio dagli oggetti del defunto”.
E la bonifica dell’appartamento? E avvenuta solo a settembre, sette mesi dopo. Con buona pace dei condomini del palazzo esposti ai rischio sanitario.
“È un fatto gravissimo – osserva il presidente della commissione comunale Trasparenza Marco Palumbo – adesso è necessario verificare se si siano accaduti altri episodi analoghi. Se necessario convocheremo una commissione Trasparenza ad hoc”.
Del resto, nei giorni scorsi, proprio in sede della commissione presieduta da Palumbo era emerso come il Campidoglio non sia stato in grado “per ragioni organizzative” di assegnare neppure un appartamento popolare negli ultimi tre mesi.
Un vuoto amministrativo spaventevole. Che ingenera problemi a caduta, ai quali, ancora una volta, prova a far fronte la Regione Lazio. “Abbiamo presentato un emendamento – spiega il consigliere regionale di Demos Paolo Ciani – per il monitoraggio attivo degli anziani, affinché non vengano lasciati soli”.
La misura, chiarisce Ciani, “mira ad andare incontro alla solitudine quotidiana delle persone. Chiamandole al telefono, costruendo delle reti di vicinato che coinvolgano i vicini di casa, i portieri, gli esercenti di quartiere, senza aspettare che siano loro a chiedere aiuto o peggio a soccombere. Questa deve essere la risposta, altrimenti i drammi della solitudine aumenteranno”.