Camera dei Deputati | Politiche in favore delle persone anziane

Discussione del disegno di legge: Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane 

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Resoconto stenografico dell’Assemblea di lunedì 20 marzo 2023

“Grazie, Presidente. Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi abbiamo l’opportunità di discutere una legge molto importante per la nostra società, che riguarda la vita delle persone anziane e non solo. Si tratta di una riforma che aspettavamo da decenni – l’aspettavano soprattutto loro, gli anziani, ma non solo – e che deve coinvolgere l’intero Paese, perché richiede una nuova visione sull’invecchiamento, come anche sull’assistenza e sulla sostenibilità del suo modello civile ed economico.

D’altronde, anche se l’invecchiamento è un tema che tutti ci auguriamo che un giorno riguarderà ognuno di noi, ancora troppo poco si è ragionato e riflettuto sul senso e sul valore di questa età.

La vecchiaia non è una malattia, ma una fase della vita che deve essere accettata e vissuta con saggezza e serenità: è quanto scriveva Cicerone nel De Senectute, già nel 44 avanti Cristo, riflettendo sulla vita e sulla condizione umana della vecchiaia. Un valore e una dignità che ad oggi spesso sembriamo non riscontrare.

Come tutti sappiamo, però, la popolazione anziana sta crescendo rapidamente, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Questo, se da una parte rappresenta un segnale della nostra capacità di migliorare le condizioni di vita e di cura grazie al progresso della scienza e della medicina, allo stesso tempo pone sfide significative per il nostro sistema sanitario e assistenziale. Viviamo, infatti, una contraddizione: abbiamo guadagnato anni di vita ma non abbiamo ragionato abbastanza su cosa farci e come gestirli. La società allunga la vita ma, talvolta, non la sa mantenere e quella che è una conquista diventa, purtroppo, una maledizione per troppi. Alcune di queste contraddizioni sono emerse drammaticamente, con chiarezza, durante la recente crisi globale determinata dal COVID.

La legge di cui parliamo oggi trova origine nel lavoro appassionato e competente svolto dalla commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, istituita nel 2020 dall’allora Ministro Speranza e presieduta da monsignor Vincenzo Paglia, e, successivamente, anche dalla commissione interministeriale voluta dal Ministro Orlando e approvata, poi, nell’ultimo Consiglio dei Ministri del Governo Draghi.

È una legge, dicevo, che rappresenta un progetto molto serio che si propone di affrontare, per la prima volta in modo organico e sistematico, il tema dell’assistenza alle persone anziane, che non potrà che diventare cruciale nei prossimi anni, anche alla luce dell’evoluzione demografica che il nostro Paese sta vivendo.

Per ragionare con qualche numero, si pensi che nel 2020 il numero di persone, nel mondo, di età superiore ai 65 anni è stato di circa 703 milioni e si prevede che raggiungerà 1,5 miliardi nel 2050, quando, per la prima volta nella storia dell’umanità, ci saranno più ultrasessantenni che giovani sotto i 16 anni.

In Italia la popolazione anziana rappresenta una percentuale molto alta. Secondo l’Istat, nel 2021 gli over 65 rappresentavano il 22,8 per cento della popolazione, mentre nel 2031 si stima che saranno il 28,3. In Italia l’aspettativa di vita è tra le più alte al mondo. Nel 2022 alla nascita era di 83,6 anni per le donne e di 79,7 anni per gli uomini (potremmo dire che si tratta di un orgoglio nazionale). Già oggi, secondo Eurostat, siamo il Paese con la maggior percentuale di persone anziane d’Europa. Questi dati, se letti in combinato con quelli relativi alla natalità nel nostro Paese, che, purtroppo, è in costante calo da diversi anni, rendono ancora meglio la necessità di un investimento sia a sostegno della popolazione che invecchia sia a favore di nuove nascite. Infatti, sempre secondo l’Istat, nel 2020 il tasso di fecondità complessivo è stato pari a 1,23 figli per donna, un valore molto al di sotto della soglia di rinnovamento generazionale, fissata a 2,1 figli per donna. Questo fenomeno è dovuto a diversi fattori, sul cui dettaglio non entrerò in questa sede. Semplicemente, mi limito ad auspicare un pronto completamento, da parte di questo Governo, di un altro importante provvedimento della scorsa legislatura sul tema della famiglia, costituito dalla riforma del Family Act, ancora solo parzialmente attuato.

La legge delega che oggi discutiamo ha, dunque, una portata storica. Deve rispondere, infatti, a un fenomeno che è apparso per la prima volta nel nostro Paese, che potremmo definire come quello della vecchiaia di massa. Infatti, ben 14 milioni di cittadini, quindi quasi uno su quattro, hanno superato la soglia e vivono i loro 65 anni ed oltre; ma ci siamo arrivati senza una consapevolezza chiara, tanto che non abbiamo inventato quasi nulla per i 30 anni in più che sono stati guadagnati negli ultimi due secoli.

Certo, abbiamo conquistato la pensione, e non è poco, ma non un pensiero articolato su come vivere la vecchiaia, se non con farmaci e ricoveri. È troppo poco; ad esempio, è troppo poco se paragonato a quanto la nostra civiltà ha inventato per i primi trent’anni di vita. Alla fine del XIX secolo, di fronte a un numero enorme di bambini e a una loro totale “deconsiderazione”, perché erano “deconsiderati” i bambini in quell’epoca, ci siamo inventati l’infanzia. Oggi, ci presentiamo allo storico traguardo di un indice di invecchiamento prossimo a 200, cioè 200 anziani ogni 100 bambini under 15, con idee superate o piuttosto confuse o assenti. Dobbiamo inventarci la vecchiaia, dobbiamo rovesciare il paradigma per cui le persone anziane sono solo una spesa, un onere, per di più prevalentemente sanitario.

Posto in questi termini, il problema di fare dell’Italia un Paese anche per anziani, comporta ripensare quell’insieme di servizi, attività, comportamenti essenziali nella vita quotidiana, utilizzando come parametro di riferimento la loro fruibilità da parte delle persone anziane.

In questa prospettiva, gli stessi fondamentali aspetti sanitari e assistenziali vanno considerati solo come uno degli aspetti delle politiche verso la terza età, evitando quindi che siano l’unica dimensione in cui l’anziano viene considerato. Nessun anziano è il suo bisogno o la sua malattia.

Ebbene, il disegno di legge delega in discussione oggi tenta di rispondere al bisogno fortissimo e improcrastinabile di ripensare gli ultimi trent’anni di vita in maniera organica. Come vivere questi anni? Concordo con i principali obiettivi che la legge identifica e che tentano di rispondere a questa domanda fondamentale: primo, la deistituzionalizzazione e la non automaticità dell’istituzionalizzazione come risposta ai bisogni degli anziani; secondo, la prevenzione della non autosufficienza; terzo, l’implementazione della domiciliarità; quarto, l’implementazione delle misure volte a favorire l’invecchiamento attivo.

L’invecchiamento attivo implica l’idea che la vecchiaia non debba essere vista come un momento di declino e isolamento, ma come una fase della vita in cui è possibile continuare a mantenere un ruolo attivo nella società, prevenendo situazioni di isolamento e marginalizzazione, e garantire una buona qualità della vita per tutti a prescindere dall’età. Tutto ciò nel più totale rispetto della persona e delle sue libere determinazioni, finalità decisiva che è necessario salvaguardare anche e soprattutto nei momenti in cui la persona si trova in un momento di debolezza, qual è certamente la vecchiaia più avanzata, anche perché anche su questo dovremmo riflettere, pensando che oggi la vecchiaia inizia a 65 anni e quando guardiamo e pensiamo a tanti sessantacinquenni del nostro Paese pensare che siano in una fase di declino della loro vita ci sembra decisamente strano.

Sull’istituzionalizzazione ricordo ciò che diceva con grande saggezza don Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII: “Dio ha creato la famiglia, l’uomo ha creato gli istituti”. Ecco, dobbiamo iniziare a liberare tanti nostri concittadini dalla solitudine spersonalizzante degli istituti. Così come si è riusciti a chiudere e riconvertire i grandi orfanotrofi nel corso della storia, così dobbiamo cominciare un percorso di ripensamento rispetto ai grandi istituti per persone anziane. Il dramma del COVID ha dimostrato drammaticamente l’inefficacia di questi luoghi come luoghi di protezione, confermata purtroppo dalla strage di anziani in tutto il mondo. La pandemia ha rivelato come abbiamo fatto crescere RSA, case di riposo e tante altre sigle fantasiose per rispondere malamente a tre grandi crisi, quella della famiglia e della solitudine, che imponeva la delega dell’assistenza ad altri attori, quella del declino demografico e dello spopolamento, che fa mancare i servizi proprio laddove cresce il mondo delle persone anziane, spesso nei piccoli centri, e quella del divorzio tra sociale e sanitario, come sfere di sovranità totalmente separate e reciprocamente ignorate. La recente clamorosa inchiesta su alcune RSA in Francia, sintetizzata dal libro inchiesta Les fossoyeurs (i becchini), che ha scatenato stampa, Parlamento, Governi e giudici d’Oltralpe, ha mostrato come questi istituti spesso, oltre a essere luoghi disumani, siano solo macchine da soldi e parliamo di un’inchiesta fatta su un leader mondiale di queste strutture, un leader che possiede oltre 1.100 RSA nel mondo, di cui 320 in Francia e decine anche in Italia. Anche qui, lo abbiamo visto, senza generalizzare e rispettando profondamente il lavoro di tanti, anche, di questi istituti, ma quanti anziani sono morti nelle RSA per COVID e abbandono? Quanti scandali e denunce quotidiane su questi luoghi? La sola soluzione, la migliore soluzione a questo sistema credo sia una riconversione industriale: puntare sulla domiciliarità in tutte le sue forme e sull’assistenza domiciliare. In qualche modo, la legge delega prova ad affrontare anche questo punto, a partire da un impianto teorico di nuova concezione, attraverso un’implementazione ispirata a modelli di co-progettazione, co-programmazione e co-sperimentazione, ossia di presa in carico di tutte le persone anziane che avviene attraverso un articolato continuum assistenziale. Questo suppone l’incontro tra sociale, sanitario e assistenziale per potere avviare una risposta coordinata e appropriata con la collaborazione di ospedali, ASL, comuni, ambito territoriale, sociale e INPS, a tutti i livelli.

In questo senso vanno alcuni strumenti rimasti fuori da questa norma, ma che, a mio avviso, la sosterrebbero in maniera importante. Mi riferisco al monitoraggio attivo delle persone ultraottantenni e all’istituzione dell’infermiere di famiglia e di comunità, di cui mi farò personalmente portavoce in questa legislatura. Sono ben consapevole, infatti, che la legge vada perfezionata; di qui, l’importante lavoro per i decreti attuativi, penso a quelli relativi ad un altro tema personalmente a me molto caro e legato a quello dell’invecchiamento, ovvero il sostegno alle famiglie e ai caregiver. Sappiamo che molte famiglie si occupano di persone anziane e, spesso, questo impegno può essere gravoso e stressante. La legge delega prevede la promozione di servizi di supporto ai caregiver, nonostante sappiamo quanto sia necessario dare al più presto alla figura del caregiver familiare il pieno e totale riconoscimento giuridico e di tutti gli aspetti assistenziali e previdenziali, in quanto rappresentano un pilastro fondamentale del nostro welfare, a cui dobbiamo tanto.

In sintesi, il disegno di legge è finalizzato a fornire una risposta alle esigenze delle persone anziane, promuovendo l’invecchiamento attivo e sano, garantendo un’assistenza sanitaria assistenziale completa e personalizzata. Mi dispiace, in questo senso, che sia stato espunto dal testo il riferimento alla Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della comunità, altro importante documento realizzato dalla Commissione, che fissa punti di riferimento per la promozione dei diritti degli anziani e della loro inclusione nella società e che incardina l’intero disegno su tre pilastri: il diritto al rispetto e alla dignità, il diritto dell’anziano a scegliere in autonomia e con adeguate informazioni il tipo di assistenza a cui aspira e soprattutto quello di rimanere nella propria abitazione, il diritto e la protezione a una vita di relazione. In questo senso andava anche l’emendamento che avevamo presentato in Commissione e che mi auguro sia recuperato nell’esercizio della delega. Non sono principi astratti, ma fondamento di un modo nuovo di vedere l’anziano e di concepire la vecchiaia, non uno scarto o, peggio, un problema, nemmeno solo corpo da curare e alimentare, non gravame assistenziale e fattore di destabilizzazione dei bilanci, ma persona, cittadino capace di partecipare, vivere e contribuire.

Allora, occorre ripensare e rivalutare in positivo l’enorme capitale sociale di 14 milioni di cittadini, con la loro esperienza, le loro energie e le loro aspirazioni. Devo, prima di terminare, sottolineare il problema dell’individuazione dei fondi.

Una legge ambiziosa, che si prefigge di implementare tanti e importanti obiettivi, necessita di risorse, di più risorse. Sicuramente c’è il tema dell’assunzione del personale medico, una questione che riguarda non solo questa legge delega, ma il nostro sistema sanitario assistenziale nel suo complesso. Siamo consapevoli che la mancanza di personale medico e sanitario potrebbe rendere difficile garantire un’assistenza di alta qualità, e non solo per le persone anziane, ma dobbiamo trovare soluzioni innovative e sostenibili per affrontare la sfida. Occorre fare scelte coraggiose e coerenti e mi spiace constatare, per esempio, la contraddizione tra queste e tante misure previste da questa legge e quello che io temo possa realizzarsi attraverso l’implementazione dell’autonomia differenziata, ovvero il non rispondere a quanto vorremmo per gli anziani e per ogni nostro concittadino, come il pari diritto di accesso a cure, servizi e informazione su tutto il nostro territorio nazionale.

Ad ogni modo, sul provvedimento in esame oggi, siamo pronti a collaborare con tutte le istituzioni, le organizzazioni della società civile, gli esperti del settore e naturalmente con il Governo, per garantire che il provvedimento possa essere attuato in tutte le sue declinazioni. Dobbiamo essere consapevoli che il problema della mancanza di fondi e di personale medico e sanitario è una questione complessa, che richiede un impegno a lungo termine. Tuttavia, possiamo e dobbiamo fare di più per garantire che le persone anziane ricevano l’assistenza e il sostegno di cui hanno bisogno per vivere una vita dignitosa.

È ormai evidente la necessità di un servizio sanitario che sappia offrire l’intero spettro dei servizi, da quelli di rete di prossimità, di lotta alla solitudine e di prevenzione fino a interventi domiciliari di sostegno sociale e sanitario continuativo, alla semiresidenzialità in centri diurni, alle residenze sanitarie e assistenziali, in grado di offrire sempre elevati standard qualitativi, avendo in mente interventi riabilitativi e terapeutici che dovrebbero avere l’obiettivo di far tornare a casa, ove è possibile, i pazienti anziani.

I fondi del PNRR che saranno utilizzati dovranno essere l’occasione per muoversi verso una sanità centrata sul paziente e sulle sue necessità. Mettere la persona al centro si rivelerà sempre la scelta migliore, perché l’attenzione ai bisogni delle persone anziane non dovrebbe limitarsi solo alle politiche pubbliche, ma dovrebbe diventare un valore collettivo e una responsabilità di tutta la comunità.

Concludo, Presidente, con un augurio per i nostri anziani e, direi, per ognuno di noi. Come diceva Victor Hugo: “Quando la grazia è unita con le rughe è adorabile. C’è un’alba indicibile in una vecchiaia felice”. Troppe volte gli ultimi anni di tante persone anziane sono segnati dall’infelicità. Mi auguro che, anche attraverso questa legge, possiamo presto arrivare a questa nuova alba”.

Di seguito il testo del provvedimento

ORDINE DEL GIORNO SU DL ANZIANI APPROVATO DAL GOVERNO

In merito alla presente Delega al Governo in materia di politiche in favore degli anziani ho presentato il seguente ordine del giorno che è stato accolto.

“La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame «Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane» realizza uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che fissa al primo trimestre 2023 il traguardo per l’adozione della legge delega, e al primo trimestre 2024 il traguardo per l’approvazione dei decreti legislativi;

considerato che la Carta per i diritti delle persone anziane e i doveri della comunità, frutto del lavoro della Commissione per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana istituita presso il Ministero della salute, rispetto ad una mera enunciazione astratta dei diritti delle persone anziane e dei doveri della comunità compie un passo ulteriore ponendosi lo scopo di incidere nell’ordinamento prospettando al legislatore principi fondamentali e diritti che possono trovare un riconoscimento formale in specifici atti normativi e offrendo indicazioni operative ed organizzative ad istituzioni ed operatori chiamati a prendersi cure delle persone anziane;

la Carta vuole facilitare la conoscenza per le persone anziane dei loro diritti fondamentali e di accrescere la loro consapevolezza, nonché dei doveri che gravano su quanti entrano in relazione con loro,

impegna il Governo

nell’esercizio delle sue deleghe di cui al disegno di legge in oggetto, a prevedere che la tutela della dignità e la promozione delle condizioni di vita, di cura e di assistenza delle persone anziane avvenga nel rispetto dei principi sanciti nella «Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della Comunità» redatta dalla Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria per la popolazione anziana, istituita con decreto del Ministero della salute 18 settembre 2020″.

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