“Con un preavviso di sfratto di sei mesi, raderei al suolo i campi rom”. Questa dichiarazione di Matteo Salvini, leader della Lega, ascoltata ieri in occasione della Giornata internazionale dedicata a Rom, Sinti e Camminanti, oltre a suscitare reazioni indignate, ha riproposto la questione delle condizioni in cui vivono in Italia queste popolazioni. Fabio Colagrande ne ha parlato con Paolo Ciani, responsabile per i servizi con i Rom e i Sinti della Comunità di Sant’Egidio:
R. – Mi sembra un modo di usare le parole, a cui Salvini ci sta abituando purtroppo, in maniera abbastanza insensata, in maniera propagandistica, a effetto: si dicono cose perché colpiscano l’opinione pubblica. La cosa più clamorosa al riguardo, dal punto di vista della ragione e della politica, è che il 10 marzo la Commissione del Senato ha votato una risoluzione in cui si parlava del superamento dei campi rom e l’unica a votare contro è stata una senatrice della Lega. Quindi è evidente che le parole di Salvini non pensano a soluzioni vere, ma pensano a colpire l’opinione pubblica su un argomento molto scomodo, come quello dei rom.
D. – Il cardinale Vegliò ha parlato di dichiarazioni fatte per scopi elettorali. Ma davvero sono minacce che aumentano i consensi verso la Lega? Minacce che possono avere un successo in politica? Perché?
R. – Perché sono minacce che colpiscono una popolazione che nessuno conosce, che è piccolissima nella proporzione della popolazione italiana, perché sono lo 0,3 per cento della popolazione, in totale. Sono considerati da sempre come gli estranei, come coloro che non c’entrano nulla con noi: quindi in un tempo in cui si fa leva sull’egoismo e si fa leva su uno stato di malessere e di crisi generalizzata, pensare che ci sia qualcuno diverso da me, con cui posso prendermela, è certamente un argomento su cui si può fare leva. Lo si è già utilizzato in passato, già nel 2008. Il problema vero è che quando i politici che fanno leva su questi aspetti e prendono i voti su questi aspetti sono messi alla prova, purtroppo non risolvono i problemi su cui hanno preso i voti. E lo abbiamo visto quando il ministro dell’Interno fu Maroni, un compagno di strada e di politica di Salvini, che con il piano emergenza nomadi, che doveva superare i campi nomadi, ha speso miliardi di euro senza superare un bel niente.
D. – La popolazione dei rom e dei sinti che vive in Italia vuole vivere nei campi? Sono loro a scegliere questa soluzione abitativa?
R. – Sicuramente no! E questo è dimostrato dal fatto che chi ha la possibilità, già da molti decenni, vive nelle case. Il problema è che ormai i campi sono diventati dei ghetti, dove generazioni – ormai siamo alla terza generazione – nascono e vivono in questi campi. Quindi se non ci sbrighiamo a superare questo modello è anche difficile per chi è nato e cresciuto in questi luoghi pensare un modo di vita diverso.
D. – Ma la politica sembra incapace, al di là dei proclami come quello di Salvini…
R. – Sì, la politica sembra essere incapace di superare i campi rom perché ha paura di fare qualsiasi politica che riguardi i rom, perché ha paura che tutto ciò sia impopolare. In realtà le politiche si fanno, i soldi si sperperano e abbiamo visto anche con la vicenda di Mafia Capitale che si sperperano sulla pelle dei rom e dei sinti. E questo è particolarmente grave, se si pensa a situazioni anche di disagio e di povertà. Invece di fare proclami la politica dovrebbe fare anche silenziosamente e poi dimostrare che è possibile fare. Ci sono degli esempi: ad Alghero, pochi mesi fa, si è chiuso un campo che esisteva da decenni e le persone sono state inserite in appartamenti; lo stesso è stato fatto in passato a Torino, Genova… Si può fare! Il problema è fare e non rilanciare proclami spaventati e poi non realizzare nulla.
D. – Voi che siete abituati a lavorare con rom e sinti, a collaborare, affermate che esistono percorsi alternativi ai campi: ma da dove bisogna partire? Come realizzarli?
R. – Bisogna pensare, secondo noi, a dei progetti differenziati, perché rom e sinti sono un popolo al cui interno ci sono differenze. Per cui si può iniziare sicuramente con degli affitti agevolati, con l’aiuto al sostegno all’affitto; altri sono stati inseriti nelle liste e nelle graduatorie delle case popolari e quindi avranno il diritto – come tutti gli altri – quando arriverà il loro turno di accedere ad alloggi popolari… Bisogna pensare a percorsi differenziati, iniziando a chiudere i campi più piccoli per poi arrivare a chiudere quelli più grandi.
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