La recente intervista a Walter Veltroni su La Repubblica, fornisce
interessanti spunti di riflessione sull’attuale situazione del Pd e del quadro
politico dell’intera area culturale del centrosinistra.
Non entro nelle analisi riguardanti
il Partito Democratico, sono invece interessato a
proporre alcune riflessioni su ciò che c’è e potrà esserci oltre al Partito
Democratico. Veltroni avanza idee per tornare a essere maggioranza e sfidare
Salvini e sembra proporre il seguente paradigma: un Pd senza scissioni interne
e un partito ambientalista alleato. Sostanzialmente riproponendo l’immagine di
un Pd a vocazione maggioritaria che non solo non si divida in una sorta di
nuovo Ds-Margherita, ma riesca a rappresentare (e ad includere) tutto ciò che
esiste nel panorama del centrosinistra; ad eccezione di “forze che riescano a
interpretare bisogni come l’ambientalismo”.
Premesso che concordo con la
necessità di evitare scissioni nel Pd (e su questo mi sembra che Zingaretti si
stia ben spendendo) e trovo abbastanza ridicolo ricorrere sempre a immagini di
ciò che fu, per immaginare ciò che sarà (la conoscenza del passato deve
aiutarci a costruite il futuro, più che a operazioni nostalgia fuori tempo…),
mi sembra fuori dalla realtà l’idea che il Pd oggi possa rappresentare un
partito che raccolga tutto ciò che può pensarsi di centrosinistra (a parte una
nuova interpretazione dell’ambientalismo).
Innanzitutto basta guardare ai
risultati elettorali dell’ultimo anno: da quel 4 marzo 2018 in cui il
centrosinistra fu sconfitto ovunque tranne che nel Lazio, dove Zingaretti volle
una “coalizione larga”, fino alle recenti elezioni europee e amministrative, il
centrosinistra ha vinto lì dove ha accettato una coalizione plurale. Basta
pensare al “caso Bartolo”, il medico di Lampedusa che a
febbraio ha aderito a Demos e, candidato nella lista larga delle Europee, ha
raccolto migliaia di voti di persone che sicuramente senza di lui non avrebbero
votato Pd, risultando il primo dei votati nelle Isole e secondo nel collegio
dell’Italia Centrale (con un successo straordinario a Roma che ha stupito molti
“esperti” e “addetti ai lavori”).
Da nessuna parte e in nessuna
occasione il Pd può considerarsi autosufficiente; e d’altro canto non è
autosufficiente nemmeno la Lega al 35%, tanto che nelle regioni e città in cui
ha vinto è sempre andata in coalizione con FdI e FI. Per questo dalle elezioni
del Lazio abbiamo messo in campo la proposta di Democrazia Solidale – DEMOS,
perché eravamo convinti che tanti nostri concittadini non si sentivano
rappresentati dal Pd, pur non cedendo ai populismi di qualsiasi colore. E
questa mancanza di “vocazione maggioritaria” da parte del Partito Democratico
non crediamo si possa risolvere solo con una paventata alleanza con la “società
civile”, che poi concretamente si traduce nel cooptare qualche nome di
prestigio e con il moltiplicarsi di “liste civiche” per le elezioni
amministrative. Serve qualcosa in più.
Noi, provenienti dalla “società
civile”, abbiamo pensato di proporlo, convinti che nel quadro attuale di crisi
politica e sociale (ma direi anche antropologica), dovessimo metterci in gioco
in prima persona. Ma credo e spero che il Pd e gli osservatori attenti debbano
riconoscere e dare dignità a interlocutori anche nuovi – uscendo da schemi e
nomi triti – che possano contribuire a contrastare elettoralmente e
culturalmente il pericoloso mix di populismo, nazionalismo, post verità in cui
viviamo.
Nel nostro tempo delle riscoperte
identitarie, esistono sensibilità, culture, percorsi personali, che non si
ritrovano oggi nel Partito Democratico, ma possono ritrovarsi (e si stanno
ritrovando) in altre proposte, come quella di Demos, votata, come ha detto
qualcuno, “dai conventi di clausura, ai centri sociali”. Abbiamo idealità
chiare, valori profondi, esperienze dirette: non siamo i “ragazzi” che si
avventurano tra i “professionisti”. Basta vedere lo stato delle cose per avere
forse un po’ più di coraggio e lungimiranza.
Trovi l’articolo su https://www.huffingtonpost.it/entry/veltroni-il-pd-e-la-possibile-coalizione