RomaToday | Il distanziometro per regolare il gioco pubblico

Distanziometro: l’azzardopatia non è un gioco

L’intervista di Roma Today al capogruppo Demos, sulla legge regionale 5/2013 che prevedrà l’inserimento del distanziometro per le attività del gioco d’azzardo.

Allontanare dai luoghi sensibili le attività del gioco per tutelare la salute pubblica. Questo il fondamento della legge Regionale del Lazio che prevedrà l’allontanamento dei servizi di gioco d’azzardo da istituti scolastici, centri giovanili, centri anziani, strutture residenziali operanti in ambito sanitario e luoghi di culto.

Sulla questione abbiamo intervistato Paolo Ciani, capogruppo Demos alla Pisana e candidato  alle primarie di centrosinistra a Roma, che sulla legge si esprime in maniera chiara: “L’azzardopatia non è un gioco”. Puntualizzando inoltre alcune affermazioni da parte di Acadi sul rischio che l’attuazione della normativa possa rivelarsi una possibile leva verso il gioco illegale: “Attaccare una legge e affermare che regalerà 48 milioni alle mafie, lo trovo molto grave!”

Demos è intervenuta in questi giorni nel dibattito sui possibili risvolti della legge sul Gioco Pubblico. Qual è la ratio dietro la proposta di legge sul distanziometro?

“La ratio della nostra posizione parte da una conoscenza del territorio e delle persone. Un tema che è sempre stato colto in termini di ritorni economici per lo stato molto grandi, adesso è posto anche in termini di posti di lavoro e quindi di ricadute. Noi lo abbiamo sempre incontrato e conosciuto invece dal punto di vista dei consumatori. Punto di vista, che parte da ciò che è stata in questi decenni la proposta culturale, e ciò che è stato fatto nella nostra società rispetto a questo fenomeno del gioco d’azzardo. Partendo dai progenitori del gratta e vinci, piano piano è dilagato in tantissime proposte che hanno occupato una grande parte dell’offerta, differenziando anche gli interlocutori. Una presenza sempre più diffusa nei bar, nei tabaccai e nei luoghi frequentati, ma anche online e nelle sale slot. C’è stata un’affermazione nella nostra società di questa dimensione, e l’affermazione di questo ha portato tante degenerazioni, tanto da far nascere il tema dell’azzardopatia come nuova patologia.

Le attività del gioco hanno protestato riguardo i possibili effetti espulsivi della legge poiché la normativa li allontanerebbe almeno di 500 metri dai luoghi sensibili. Cosa ne pensa al riguardo?

“Il tema delle zone sensibili è stata esattamente una riflessione nata dall’evoluzione del fenomeno. Inserire negli esercizi commerciali più diffusi le slot, AWP-VLT nei bar e nei tabaccai ha fatto sì che si avesse una partecipazione molto più massiccia. Quindi evitare che ci sia in prossimità di alcune zone dove si trovano scuole, centri anziani e luoghi sensibili questo tipo di offerta è in considerazione di un’evoluzione rispetto a una problematica che potrebbe portare a una patologia. È chiaro che questo incremento dell’offerta ha portato anche a un incremento del guadagno dal punto di vista economico per chi le ha messe. Quindi la problematica oggi di chi ha paura che l’applicazione del distanziometro possa ridurre e mettere in crisi degli esercizi commerciali è comprensibile. Vanno differenziati alcuni aspetti,per prima cosa riguardo tutti gli esercizi commerciali che hanno altre attività come bar, tabaccai ecc, il problema di togliere le macchinette non vuol dire togliere posti di lavoro. Peraltro noi come regione Lazio abbiamo previsto degli incentivi anche economici a chi si adeguerà alla normativa, abbiamo creato il marchio Slot free della Regione Lazio che viene assegnato agli esercizi che rinunciano al gioco d’azzardo, che per noi vuole essere una campagna di sensibilizzazione culturale”

Acadi ha affermato che ci sarebbe il rischio della perdita di almeno 5 mila posti di lavoro. La proroga della legge potrà portare con sé possibili nuove valutazioni prima dell’effettiva attuazione?

“Sì, sicuramente sì, la proroga l’avevamo anche fatta precedentemente proprio per studiare e capire anche con gli esercizi commerciali come la cosa poteva realizzarsi. È chiaro che non c’è nessun intento punitivo nei confronti della categoria, noi stessi siamo molto sensibili al tema della perdita di posti di lavoro, perché poi sono famiglie quelle che hanno subito il dramma della ludopatia e sono famiglie quelle che lavorano in questi luoghi, è chiaro che c’è un tema sociale di fondo che ci preoccupa. Il tema delle sale scommessa, quindi mono offerta, è un tema diverso a chi ha integrato le macchinette in altri esercizi, per quelli si studierà come la loro delocalizzazione potrebbe avvenire ed evitare che questo spostamento faccia perdere dei posti di lavoro”.

Le attività insieme alle associazioni di categoria hanno sottolineato che la scelta di inserire il distanziometro potrebbe sollecitare il gioco illegale e quindi favorire indirettamente le mafie

“Quello che non accetto e che in un certo modo mi ha colpito in termini politici è quello di porre un tema serio, di crisi economiche e di chiusura che ha subito il settore, come agevolazione del gioco illegale e le mafie. È un fatto grave affermare che la regione con una legge regali milioni alle mafie, è un’affermazione molto grave perché delegittima un organo istituzionale che legifera direi abbastanza chiaramente per il bene pubblico e non certo per il bene delle associazioni criminali. Capisco che possa essere una frase ad effetto, ma non vi è evidenza di questo. La nostra proposta non è proibizionista ma si fonda sul capire come salvaguardare delle categorie deboli continuando comunque a permettere alle attività di esercitare. Questa equivalenza che è stata fatta tra una norma a tutela della persona che automaticamente alimenti lo sviluppo dell’arricchimento della malavita non è così evidente. Il legislatore ha il compito principale di tutelare un bene superiore come la salute pubblica, che evidentemente viene prima dell’arricchimento di alcune catene. Molti rapporti della Caritas, delle Asl, di organi che studiano l’impatto sociale che queste patologie hanno, riscontrando fenomeni diffusi e costi sociali legati all’azzardopatia, questi costi sociali quotidianamente si ripercuotono nella società”.

L’inserimento della Legge Regionale 5/2013, sarà affiancata anche a una sensibilizzazione sui disturbi del gioco patologico, prevedendo così interventi sul territorio attraverso l’ausilio dell’Asl?

“Questa è una delle cose che abbiamo fatto nell’aggiornamento della legge, abbiamo creato anche un osservatorio permanente su questo, anche attraverso delle campagne informative di prevenzione. Chiaramente è stato previsto un aspetto completo di tutela nei confronti della problematica. Nel 2019 abbiamo avviato un progetto di formazione personale sul gioco d’azzardo che ha coinvolto le Asl e molti operatori sanitari. Mi colpiva la riflessione di Acadi sull’analisi da loro pubblicata sulla quantificazione delle persone che soffrono di ludopatia a confronto con la dipendenza dell’alcol o da altri tipi di dipendenza patologica. E’ chiaro che le dipendenze sono tutte da attenzionare, è chiaro anche che si tratta di una dipendenza diversa e che rispetto alla storicità della sua esistenza ha presentato dei numeri non indifferenti, una persona su tre ha una dipendenza di gioco patologico che è un fenomeno molto più recente non è un dato affatto rassicurante. È una dipendenza diversa, anche l’impatto sulla persona, nei rapporti sociali e nei rapporti familiari, una persona affetta da ludopatia non ha le sembianze di una persona che fa uso qualsiasi sostanze, ma quello che poi avviene per far fronte alla dipendenza come ad esempio reperire denaro, vendersi casa e fare debiti ha conseguenze molto gravi”.

La legge, così come modificata nel 2018 sancisce il divieto dell’apertura di nuove sale gioco nel raggio inferiore a 500 metri dai luoghi sensibili, perché il bisogno di una legge retroattiva che vada a intervenire sulle attività già presenti?

“Il problema è che si è compreso il tema del danno, il fatto di non aprirne nuove è perché si è capita la problematica, quindi poter intervenire su ciò che è presente è in parte un poter riequilibrare qualcosa su cui non si era ragionato. Il tema dell’offerta di questo tipo di giochi è stabilito dal mercato e quindi quando lo stato subisce le conseguenze del mercato e si accorge che la liberalizzazione ha creato degli scompensi si deve intervenire. Io su questo sono molto realista, penso che con le categorie si può ragionare, si può capire e vedere realmente il tema del distanziamento. Non richiamo a un tema di durezza punitiva ma al fatto che dobbiamo bilanciare un tema di commercio e di mercato con la saluta pubblica”.

Le attività che sono esclusivamente centri dedicati al gioco saranno costrette a spostarsi, questo prevedrà sicuramente dei costi agli esercenti. 

“Penso di sì, ci sarà da capire quante sono, dove sono e quali possano spostarsi o chi putrà rimanere. Ci sarà una valutazione per quelle attività dove si potrà effettivamente togliere le macchinette e incentivare questo attraverso degli aiuti, per altri centri dedicati solo al gioco si agirà diversamente se queste si trovano in zone particolarmente sensibili, sarà da valutare. Di certo non è facendo muro contro muro che si troverà una soluzione, la mia non è una contrapposizione ideologica ma parte da una conoscenza del dramma creato nella società creato dalle dipendenze, bisognerà trovare un bilanciamento tra una comprensibile preoccupazione di lavoro e la tutela della salute pubblica”.

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