TPI | Ciani: A Roma il centrosinistra deve ripartire dai diritti sociali

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Una spinta sociale per un Pd ripiegato da tempo su una visione “individualistica” della società. A partire da Roma. Si può forse riassumere così la sfida di Demos – Democrazia Solidale, il movimento che nella capitale appoggia la corsa a sindaco di Roberto Gualtieri. TPI ha intervistato Paolo Ciani, capolista e consigliere regionale, arrivato terzo alle primarie del centrosinistra dello scorso giugno.

Demos ha presentato delle liste, per il Comune e i municipi, con candidati provenienti da 18 paesi. Quale è il significato politico di liste composte in questo modo rispetto alla realtà di Roma?

Si tratta di persone che hanno origine in 18 Paesi e quattro continenti, ma che sono (a parte due casi) tutti cittadini italiani. Non sono quindi liste fatte per dire genericamente che siamo aperti al multiculturalismo, bensì liste che tengono conto dell’evoluzione della società romana e italiana. Ci sono moltissimi nostri concittadini di seconda e terza generazione, figli o nipoti di persone che vengono da tutto il mondo, così come per tanti decenni a Roma ci sono stati candidati provenienti da altre regioni d’Italia. Roma è da sempre una città-mondo che contiene al suo interno il pluralismo.

Demos ha contribuito alla stesura del programma di Gualtieri: su quali punti in particolare? E soprattutto, siete soddisfatti di quanto è stato recepito da Gualtieri tra le vostre proposte?

Sono stati recepiti diversi nostri suggerimenti, innanzitutto su temi sociali come quello della casa. Qui la nostra proposta è quella di passare da una gestione emergenziale a una gestione strutturale, che trovi soluzioni concrete per i senza fissa dimora, ma anche per i nuclei familiari che hanno problemi a pagare gli affitti. Abbiamo quindi proposto una “Agenzia dell’abitare”, in cui il Comune assume un ruolo di primo piano nella mediazione tra i vari attori: costruttori (che hanno molto invenduto), amministrazione pubblica (che ha molti luoghi abbandonati), movimenti per la casa, sindacati degli inquilini.

Altre nostre proposte che sono state recepite da Gualtieri riguardano la prossimità alle persone come anziani, disabili, famiglie in difficoltà.  Siamo anche contenti che diversi suggerimenti riferiti ad ambiente e rifiuti siano diventati parte del programma del centrosinistra. Infine, la cultura: vogliamo impegnarci affinché le enormi ricchezze culturali di Roma possano essere pienamente fruite da cittadini e turisti. Inoltre, va affrontato il tema della diseguaglianza nell’accesso alla cultura, che colpisce molte persone, come i giovani, e che si manifesta in molti luoghi, come le periferie.

Per portare avanti questi temi, vi aspettate una vostra presenza anche nella Giunta regionale, se Gualtieri dovesse diventare sindaco?

Siamo convinti che, se Gualtieri vincerà le elezioni, Demos sarà rappresentata in Giunta. Un nostro esponente potrebbe essere assessore ai servizi sociali, ma non avanzo richieste specifiche né questa è l’unica possibilità: al nostro interno abbiamo competenze diffuse in molti ambiti.

Che giudizio si può dare invece sul modo in cui l’amministrazione Raggi ha affrontato i temi sociali a Roma in questi anni?

Un giudizio purtroppo negativo, e lo dico con rammarico. Cinque anni fa tanta gente ha votato la Raggi nella speranza di un cambiamento. Invece di migliorare, le cose sono però peggiorate.

Nel centrosinistra c’è un dibattito di posizionamento, tra un’alleanza strutturale coi 5 Stelle e un ritorno a posizioni più centriste. Demos come si pone in questa dialettica?

Come consigliere regionale ho partecipato al processo di evoluzione del Movimento Cinque Stelle, che ha portato al loro ingresso in Giunta. Credo che l’unico percorso possibile sia proprio questo: un’alleanza con la parte del M5s con cui siamo in sintonia sui programmi, e senza la presenza di elementi con cui non abbiamo una visione comune.

Quanto al centrismo, mi sento di dire che non è in alcun modo rappresentato dalla proposta di Calenda, il quale si era inizialmente candidato chiedendo al centrosinistra di appoggiarlo. In altre parole, voleva essere il candidato della coalizione che ora attacca quotidianamente. Calenda rappresenta un pezzo della nostra coalizione che ha deciso di correre da sola per motivi personalistici. Per battere la destra e la Raggi, però, è necessario votare per noi, e spero che gli elettori lo capiranno.

In cosa vi sentite vicini e in cosa ancora lontani dai valori del Partito Democratico?

Noi siamo alleati leali del Pd, abbiamo scelto il centrosinistra e siamo convinti che questo sia il nostro campo. Allo stesso tempo, siamo una realtà politica distinta. Riconosciamo il valore del Partito Democratico, ma constatiamo negativamente che negli ultimi anni questo partito si è spesso caratterizzato per l’affermazione dei diritti individuali e molto poco per l’attenzione ai diritti collettivi. Noi di sicuro non vogliamo una società individualistica.

Demos nasce come movimento popolare, attento ai temi sociali. Il centrodestra ha candidato Michetti, un personaggio forse pittoresco, ma sicuramente popolare, come attestano anche i sondaggi che per ora lo premiano. La sua figura  contribuisce a far emergere un tema, quello di una destra che, in un modo o nell’altro, tanto a livello nazionale quanto locale riesce comunque ad essere più popolare della sinistra.

Distinguerei Michetti dalla destra romana. Lui va in radio, parla con la gente, è in qualche modo un personaggio accessibile. Ma la presenza della destra romana tra il popolo è un tema più profondo e problematico, e di lungo corso. Anche Alemanno vinse nelle periferie, la destra è presente da tempo a Roma tra i ceti popolari: è una destra che in quei contesti spesso alimenta il fuoco delle fratture sociali, cerca di scaricare sul nero o lo zingaro la mancanza di servizi o la mancata soddisfazione di certi bisogni. Questo modo di procedere ha attecchito dopo la crisi economia del 2008, e così questo modello è cresciuto e si è affermato, al punto che oggi il centrodestra ha smarrito tutto ciò che al suo interno era “centro”. È una deriva preoccupante.

Ci sono delle esperienze amministrative anche fuori dall’Italia a cui ci si può ispirare per un’idea di città “sociale”?

Non dobbiamo assolutizzare dei modelli: in tante realtà abbiamo visto esperienze positive, anche in amministrazioni di centrodestra. Va colto il meglio da tutti, per capire come le esperienze positive siano applicabili a Roma, che è un unicum e non può “copiare” nessun’altra città.

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