Leggi la mia nuova intervista per L’Unità, tanti i temi trattati: la nuova proposta di Rete Civica Solidale, la situazione dell’Europa, le guerre, l’Italia, la pace, le elezioni regionali.
”Rete civica e solidale”. La stampa mainstream l’annovera nel sempre più variegato arcipelago correntizio del Partito democratico e dintorni. Di “Rete civica e solidale”, lei è uno dei promotori.
Rete Civica Solidale nasce da persone e soggetti diversi, tutti eletti nella coalizione di centrosinistra ma nessuno iscritto al Partito Democratico: Demos, Basilicata Casa Comune, Persone e Comunità, l’eurodeputato Marco Tarquinio, la Presidente dell’Umbria Stefania Proietti, il sindaco di Udine Alberto De Toni ed altri. Ora si stanno aggregando altri eletti in liste civiche, autonomisti e associazioni. Le nostre idee sono: contrastare antipolitica e astensionismo, rafforzare i principi della democrazia parlamentare, offrire una casa politica a tanti cittadini che ancora non si ritrovano nelle proposte dei partiti in campo, infine dare rappresentanza a realtà civiche spesso messe ai margini delle dinamiche politiche. Non siamo eterodiretti da nessuno e non nasciamo come esperimento di laboratorio: abbiamo le nostre idee, proposte, priorità. Pensiamo che per arrivare ad essere maggioranza di fronte alla destra sia necessario allargare partecipazione e consenso. Siamo convinti che nel centrosinistra ci sia uno sforzo nuovo di unità nella diversità (il cui merito va soprattutto alla segretaria Elly Schlein) che apprezziamo e vogliamo contribuirvi respingendo vecchi schemi interpretativi. Siamo rispettosi di tutti, per ottenere visibilità non parliamo male degli altri. Uno dei problemi dell’informazione attuale è suscitare attacchi in cambio di spazi (più pesante e plateale, meglio è) invece di chiedere chi sei o cosa fai…
”Rete civica e solidale” ha posto al centro la questione quanto mai attuale e dirompente della pace. In Europa si respira una aria che definire brutta è peccare di ottimismo. I droni russi abbattuti nel cielo polacco, Varsavia che si appella all’articolo 5 della NATO….
Non dobbiamo cedere all’idea che al nostro continente non rimanga altro che prepararsi alla guerra: dobbiamo reagire a questa aria avvelenata con aria buona. E’ evidente che oggi, dinanzi al dramma, che il mondo e la nostra Europa stanno vivendo, sentiamo la grande responsabilità di provare a fare qualcosa per non cadere nel baratro della guerra. Purtroppo la vita degli ucraini è martoriata da bombardamenti quotidiani e ora anche i droni che raggiungono la Polonia; la Germania investe in armi e vuole diventare “il primo esercito della Nato” e la Francia attraversa una crisi difficile. Noi di Rete Civica Solidale abbiamo un’altra idea di Italia e di Europa. Tra di noi (anche tra i promotori) ci sono ‘militanti’ di vecchia data del dialogo tra persone, popoli e religioni, per i diritti umani, per la pace, per la non violenza. Ancora prima di candidarci ed essere eletti abbiamo vissuto e lavorato per costruire relazioni, ponti, dialogo. E al riguardo mi lasci aggiungere una parola sulla cronaca di questi giorni: apprezzo molto chi oggi invita ad abbassare i toni dinanzi ad episodi di violenza politica; certo trovo fuori luogo alcune parole aggressive dei leader di destra che hanno basato il loro consenso sulla logica della costruzione del nemico e ora scoprono la violenza verbale…
Certo, “Rete Civica Solidale” non è semplicemente una associazione pacifista. Abbiamo idee e proposte per contrastare le crescenti disuguaglianze, per reagire ad una società individualista che va verso una darwinizzazione delle scelte, dove i più deboli rimangono schiacciati. Vogliamo essere l’alternativa ad una politica che si nutre della polarizzazione e dello scontro sociale, che demonizza poveri e migranti, senza occuparsi dei veri problemi del Paese: la criminalità organizzata, i suoi metodi e le sue infiltrazioni finanziarie; l’evasione fiscale che pesa come un macigno sulle tasse dei cittadini onesti. Conosciamo il dramma della solitudine di troppi nostri concittadini; la fatica (non riconosciuta) dei caregiver familiari; cosa vuol dire precarietà e lavoro povero; l’insicurezza e la paura di tante ragazze e donne ancora vittime di molestie e violenze. La realtà di tanti anziani che faticano, tra voglia di vivere bene e vita che diventa fragile. La giusta preoccupazione dei giovani per l’ambiente derisa da “adulti predatori”. Abbiamo un’altra idea di società. E siamo persone con i piedi per terra, consapevoli che se i prezzi degli alimentari sono aumentati del 30% in cinque anni (con il pane che ha raggiunto un prezzo medio di 4,5 euro al kilo!) e gli stipendi sono rimasti gli stessi, le persone stanno peggio e le giovani generazioni sono schiacciate tra solitudine, rassegnazione e paura del futuro.
Altro fronte esplosivo è quello mediorientale. La mattanza di Gaza continua, mentre Israele ha aggiunto il Qatar alla lista dei Paesi bombardati (Iran, Libano, Siria, Yemen). In tutto questo l’Europa brilla per la sua inesistenza.
Quello che sta accadendo a Gaza è drammatico e ciò che sta mettendo in atto il governo Netanyahu è frutto del tempo che viviamo: trionfa la logica del più forte; si delegittimano le istituzioni sovranazionali; le azioni che violano i diritti umani e il diritto internazionale non provocano reazioni adeguate. Ormai non è più una situazione di ‘doppio stardard’ – come abbiamo visto per tanti anni rispetto a guerre o crisi umanitarie che avvenivano lontano da noi – ora siamo ad un ‘cambiamento di standard’: si tollerano cose che fino a ieri non si sarebbero tollerate. Ed è ancora più grave che questo cambiamento sia accettato o ignorato dall’Europa. E’ evidente che la nuova presidenza Usa ha cambiato tanto dell’Occidente per come lo abbiamo considerato fino ad oggi, ma accettare quello che sta facendo il governo israeliano è intollerabile. Un primo timido passo vi è stato con l’approvazione della Risoluzione del Parlamento Europeo dell’11 settembre. E’ evidente che sia ancora troppo poco ed il fatto che il governo italiano, a parte frasi di circostanza, non prenda decisioni – nemmeno rispetto alla collaborazione militare con Israele – è molto grave.
A mobilitarsi è il mondo solidale, pacifista che, puntualmente viene accusato dalla stampa mainstream e non solo, di essere “filo-Putin” o “pro-Pal”. Lei si sente un servitore, per quanto in buona fede, dello zar del Cremlino o di Hamas?
Non scherziamo con le cose serie. Non solo non mi ci sento ma non mi sono mai sognato di esserlo! Uno dei segni dell’imbarbarimento di questi anni è stato quello di trattare la guerra come una partita di calcio: tutti tifosi, tutti esperti, tutti a parlarne e sparlarne. Con il risultato che se non dici quello che dicono “tutti quelli che contano”, sei “amico del nemico”. La realtà è che, come dimostrato dalla grande accoglienza data dai nostri concittadini ai profughi ucraini, così come in questi giorni dalla mobilitazione per Gaza della Global Sumud Flottilla, tanti nostri concittadini rimangono umani, solidali, contrari alla guerra e alla logica delle armi e della forza. La rappresentazione di tutti questi come di fiancheggiatori dei cattivi, è macchiettistica e legata alla narrazione bellicista.
Da cattolico, sulla pace trova una linea di continuità tra il pontificato di Papa Francesco e quello, agli inizi, di Leone XIV?
Trovo una grande continuità tra i due pontefici sul tema della pace. Sin da subito Papa Leone ha offerto il Vaticano come luogo per possibili trattative tra Russia e Ucraina; allo stesso tempo si è trovato ad affrontare il peggioramento della situazione di Gaza sulla quale si è espresso con grande chiarezza. D’altronde il pensiero e l’azione di Papa Francesco e di Papa Leone sulla pace, sono perfettamente in linea con tutto il magistero dei pontefici dal ‘900 ad oggi. Ogni uomo ha il suo carattere e il suo “stile”, ma la fretta con cui tanti – anche cattolici – hanno provato ad archiviare la stagione di Papa Francesco, è la riprova di quanto la sua azione e predicazione sia stata efficace. Credo che Papa Leone continui con il suo stile tante scelte evangeliche del suo predecessore e non solo sulla pace: basta ascoltare le sue parole sull’accoglienza a Lampedusa (primo luogo visitato da Papa Francesco) “baluardo di quell’umanità che le ragioni gridate, le paure ataviche e i provvedimenti ingiusti tendono ad incrinare”…
Quello che sta per aprirsi è un autunno caldo anche sul piano elettorale. Si inizia con le Marche. Il centrosinistra si è attrezzato per vincere?
Penso che la prima novità importante sia il fatto che dopo tanti anni il centrosinistra si presenti unito all’appuntamento elettorale. Lo fa con candidati noti, solidi, rappresentativi nella diversità della coalizione (anche se per ora sono espressione di soli due partiti, ma bisogna tener conto che in Umbria fu candidata alla presidenza una esponente civica). Stupisce quanto alcuni giornali e politici abbiano insistito e ironizzato sulle divisioni della sinistra nell’individuazione dei candidati, quando la destra ancora non ce li ha. Uno dei problemi che ho riscontrato è che in un tempo di disaffezione verso la politica, anche il voto regionale è presentato tutto spinto sui leader nazionali. Sono stato più volte nelle Marche dove abbiamo candidati nella lista Progetto Marche per Ricci, come in Calabria dove abbiamo candidati nella lista del Presidente Tridico e ho visto le liste della destra: Meloni, Berlusconi (!), Salvini premier (!!). Ma sono Acquaroli e Occhiuto i loro candidati, che hanno già governato per 5 anni. E’ su di loro, il loro operato e il progetto che hanno per le loro regioni che i cittadini dovranno esprimersi. Noi dovremo avere la capacità, nelle Marche, in Calabria come ovunque, di raggiungere (anche fisicamente) più cittadini possibile. Se si alzerà la partecipazione al voto sono sicuro che potremmo fare buoni risultati ovunque.
Da L’Unità